Antonio nacque nel III secolo dopo Cristo, in Egitto, da una famiglia di agiati agricoltori cristiani. Rimasto orfano prima dei vent’anni, decise di donare tutti i suoi beni ai più poveri e affidò la sorella più piccola ad una comunità femminile. Si rifugiò nel deserto, dove iniziò a vivere da anacoreta per oltre vent’anni, pregando giorno e notte, diventando così il riferimento spirituale per molte comunità di eremiti formatesi nel deserto. Morì il 17 gennaio 356 all’età di 105 anni.
Nel calendario cristiano viene celebrato il 17 gennaio come santo protettore degli animali.
In tutta la Valnerina questa festività è ancora molto sentita. La mattina del 17 gennaio, al termine della celebrazione religiosa, il parroco impartisce la benedizione a tutti coloro che, accompagnati dai loro animali, si sono radunati in prossimità della chiesa: “la benedizione era impartita sulla porta della chiesa e si lasciavano aperte le porte di tutte le stalle in modo che la benedizione potesse “entrare” in ognuna di esse”.
Ai partecipanti viene ancora oggi data in dono dai santesi, a secondo del luogo, una pagnottella di pane o delle ciambelle di S. Antonio benedette.
In molte località vi era l’usanza secondo la quale gli allevatori donavano ciascuno una pecora giovane del proprio gregge: le “agnelle” erano poi vendute all’asta e il ricavato veniva impiegato per organizzare un pranzo collettivo.
“Quella di Sant’Antonio abate era una delle feste più importanti del mondo rurale che, dall’allevamento del bestiame, traeva una delle più importanti risorse per l’alimentazione. La carne del maiale domestico costituiva, da dicembre all’inizio dell’estate, l’unica fonte significativa di proteine nobili. Del bestiame bovino si utilizzava soprattutto la forza lavoro impiegata per il trasporto e per l’aratura e il latte da bere e da far formaggio. Degli ovini soprattutto la lana e il latte da far formaggio. Dei caprini, il latte e, sporadicamente, la carne. Del pollame si utilizzava, in modo sporadico, la carne e, con frequenza, le uova le quali erano utilizzate anche come “moneta” per gli scambi invece del denaro. Al santo si chiedeva la protezione del bestiame, specie contro le malattie, e la sua moltiplicazione. Oltre che nel contesto solenne della festa a lui dedicata, il ruolo protettore del Santo compare nelle numerose formule propiziatorie nelle quali si invoca il suo indiscusso potere”.
(Mario Polia, “TRA CIELO E TERRA. Religione e magia nel mondo rurale della Valnerina. Volume II Il Ciclo dei mesi”, Edicit, Foligno, 2009, p.35-36).
Nell’immagine in evidenza foto realizzata dal CEDRAV in occasione della Festa di Sant’Antonio a Cascia, nel 2013.