Il 24 giugno la Chiesa celebra la natività di San Giovanni Battista, l’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo Apostolo di Gesù, perché gli rese testimonianza ancora in vita.
Secondo i Vangeli, era il cugino di Gesù, figlio della cugina di Maria, Elisabetta, e di Zaccaria: fu colui che ne annunciò la venuta e lo battezzò nel fiume Giordano, vedendo scendere lo Spirito Santo su di Lui come una colomba, mentre una voce diceva: “Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. (Gv 3, 29-30). Giovanni predicò per preparare il popolo ad accogliere Gesù e il suo messaggio di Redenzione. Dopo il Battesimo Gesù iniziò, infatti, la sua predicazione, costituì il gruppo degli apostoli e discepoli ed una gran folla cominciò a seguirlo. Giovanni condusse una vita austera nel deserto, indossando un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi (attributi iconografici che consentono di riconoscerlo agevolmente), il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Morì martire, decapitato per ordine di Erode Antipa, probabilmente poco prima del 30 d.C.
“La festa di san Giovanni, assieme al Natale e alla festa della Natività di Maria, sono le uniche feste cristiane che non celebrano la morte, ma la nascita di un santo. Il Natale e san Giovanni coincidono con due momenti particolarmente sacri dell’anno, dentro e fuori del Cristianesimo: il solstizio d’inverno il solstizio d’estate. Le due feste cristiane si sono sovrapposte a tradizioni e usanze immemorabili. Giovanni, l’ultimo grande profeta del ciclo anteriore all’Incarnazione, rappresenta il sole che tramonta per lasciar posto al fulgore del Sole che sorge. Sant’Agostino nota come: “Nel giorno in cui nasce Cristo il giorno cresce, mentre inizia a decrescere il giorno della nascita di Giovanni: si allunga quando viene al mondo il Salvatore, si accorcia quando nasce l’ultimo dei Profeti”. (Sermo XII, In Nativitate Domini).
L’acqua di San Giovanni in tutta la Valle di Narco era diffusa l’usanza di raccogliere fiori durante la vigilia della festa di san Giovanni e di lasciarli macerare, per tutta la notte, in un recipiente d’acqua. L’esposizione all’aria aperta era detta “la serenata” ed era ritenuta condizione indispensabile perché l’acqua acquisisse la speciale virtù di quella notte. Il giorno seguente, l’acqua era usata per lavarsi il viso, le mani e per lavare i bambini.” (Mario Polia, “TRA CIELO E TERRA. Religione e magia nel mondo rurale della Valnerina. Volume II Il Ciclo dei mesi”, Edicit, Foligno, 2009, p.35-36).
La notte della vigilia, tra il 23 e il 24 giugno, è sempre stata dunque una notte “magica” nella tradizione popolare: lavarsi con l'”acqua di San Giovanni” era ed è considerato un rito di purificazione e di buon auspicio.
La tradizione della sua preparazione si conserva in molte famiglie della Valnerina e dell’Appennino umbro ancora oggi, come ci testimonia la signora Mariella Padovini, residente a Villamagina (Sellano, PG), che ci ha gentilmente concesso la foto dell'”Acqua di san Giovanni” da lei preparata con passione anche quest’anno.